Una indagine pubblica francese Nutrinet-santè (luglio 2012) su 18.000 persone che hanno intrapreso una dieta ha “distrutto” il valore delle diete che i francesi stessi, da tempo, esportano in tutta Europa: pensiamo ai più recenti Montignac, Cohen e Dukan !
In buona sostanza l’indagine conferma che le diete (intese come percorso alimentare temporaneo per perdere peso) sono inefficaci perché non raggiungono i risultati sperati e perché, a distanza di pochi mesi, viene implacabilmente recuperato l’eventuale peso perduto. Ciò che può funzionare è invece il complesso di raccomandazioni nutrizionali della Sanità pubblica che in genere coincidono con il buon senso e che, in modo organizzato e programmato sono le regole di una sana educazione alimentare: mangiare di meno, variato, no ad alimenti proibiti, etc; a questo deve seguire un adeguato supporto psicologico e di controllo che misuri i risultati e duri nel tempo. Purtroppo si ricorre spesso ad una soluzione generica che, all’atto pratico, si manifesta nell’aggrapparsi al primo suggerimento di un amico, a un articolo o a una pubblicità televisiva che ci promette “Il Risultato!” dimenticando tutto il resto senza un metodo, una disciplina o precisi punti di riferimento, e della possibilità di utilizzare strumenti di controllo. La stessa indagine mette in luce come una corretta nutrizione protegga dalle malattie cosiddette “da sindrome alimentare” quali obesità, ipertensione arteriosa, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, e persino l’insorgere di cellule cancerogene. Dunque identificando meglio i fattori legati una alimentazione non corretta, si permette all’organismo di prevenire i rischi e migliorare la qualità della Salute.
Mantenere la salute con lʼeducazione alimentare
Quasi sempre la motivazione principale di chi intraprende una dieta è il desiderio di perdere i chili di troppo accumulatisi negli anni. Una motivazione prevalentemente estetica, spesso già invano perseguita con risultati effimeri. Con lʼeducazione alimentare il risultato della perdita di peso è solo la naturale conseguenza del ripristino della Salute. Naturalmente non è pensabile che pochi mesi possano bastare a rimediare ad anni di abitudini sbagliate e intossicanti, ma ciascun partecipante possiede a questo punto gli strumenti culturali e le informazioni di base per essere protagonista del proprio percorso individuale di Salute. L’obbiettivo dev’essere liberarsi dalle scorie e dai rifiuti tossici accumulati, restituire al sangue la sua naturale purezza e fluidità, far sì che ciascuna cellula del nostro corpo riceva lʼ ossigeno necessario al suo funzionamento. Questi sono i principali benefici di un’alimentazione e di una digestione che non generi processi di putrefazione e fermentazione intestinale. Recenti studi hanno dimostrato che la cattiva alimentazione ci porta a star male fisicamente e mentalmente; al contrario un corretto stile di “vita alimentare” produce due risultati fenomenali:
conduce a uno stato di Salute fisica perfetta, eliminando per sempre i problemi di tossiemia e sovrappeso e – ancor più importante – i rischi di malattie degenerative quali ad esempio l’Alzheimer;
ci fa star bene mentalmente togliendo sensi di stanchezza e di depressione che sono strettamente e contestualmente collegati all’ingestione di alimenti che vengono “mal digeriti”.
“La carne è debole” e i problemi sono tanti: ci vuole impegno e personalità per affrontare e combattere le tentazioni che la società ci propina ogni momento.
Vi siete mai chiesti come mangiava l’uomo primitivo? Cosa si mangiasse prima, quando non esistevano cotolette, merendine, biscotti e pizze?
Oggi sentiamo parlare di tante diete in circolazione: vegetariana, vegana, fruttariana, crudista, macrobiotica, carnivora ecc… Ma per natura come dovremmo mangiare noi esseri umani?
L’uomo – come confermato da aspetti anatomici, morfologici e fisiologici – sembra essersi evoluto privilegiando una dieta onnivora (che comprende alimenti di origine animale e vegetale, cotti o crudi che siano).
A dimostrazione della nostra natura onnivora abbiamo:
la tipica dentatura eterodonte, ovvero con caratteristiche intermedie tra erbivori e carnivori, tipica di tutti i mammiferi;
lunghezza del tubo digerente a metà strada tra quello tipico di un carnivoro e di un erbivoro: in termini di lunghezza siamo più simili ai carnivori, in termini di superficie di assorbimento siamo più simili agli erbivori;
i nostri fabbisogni essenziali necessitano di sostanze presenti sia in alimenti di origine animale sia vegetale: sali minerali, vitamine, aminoacidi, acidi grassi ecc…
Ma allora… com’è possibile che alcuni mammiferi, addirittura primati come noi (es. il Gorilla), riescano a sopravvivere con un regime vegetariano?
La risposta è molto semplice… tutti gli onnivori tendono a seguire un regime vegetariano, perché è più facile procurarsi cibo vegetale, poiché quello di origine animale è difficile da procurare e, al giorno d’oggi, ha un costo ambientale e di mercato più elevato. Noi stessi tendiamo a consumare più pasta e pane, rispetto alla carne e al pesce.
Il caso del gorilla è stato preso di mira negli ultimi anni poiché usato come principio di base della DIETA VEGETARIANA; tuttavia dimentichiamo che il gorilla ha scelto, per comodità possiamo dire, di seguire un regime vegetariano-ENTOMOFAGO, ovvero basato sì sul consumo di vegetali ma anche sul consumo di insetti, che sono un’ottima fonte di proteine animali!
Evoluzione del comportamento alimentare
Si pensa che nel Paleolitico l’uomo fosse prevalentemente RACCOGLITORE (ovvero si nutrisse di frutti, semi, bacche, insetti, molluschi che raccoglieva), poiché non possedeva gli strumenti adatti per cacciare. Fu solo verso la fine del Paleolitico che l’attività di caccia da parte dell’uomo aumentò.
Nel Mesolitico cominciarono le prime forme di DOMESTICAZIONE e COLTIVAZIONE, le quali hanno determinato molti cambiamenti nella storia evolutiva dell’uomo, alcuni vantaggiosi e altri svantaggiosi:
cambia la qualità della carne e dei vegetali: da carne di selvaggina (povera di grassi saturi e ricca di grassi essenziali) a carne di allevamento (ricca di grassi saturi); allo stesso modo, da piante selvatiche a foglie verde (ricche di fibre e minerali) a “cereali” (poveri di minerali e fibre, ricchi invece di amido e zuccheri);
cambia lo stile di vita: da nomade, l’uomo diventa stanziale, cosa che facilita l’aumento della popolazione, dunque nuclei familiari più grandi;
per conservare i cibi coltivati/allevati l’uomo ricorre sempre più spesso alla cottura e, soprattutto, alla salatura. Comincia così nel neolitico la produzione di sale come mezzo di conservazione degli alimenti, cosa che nel tempo abituerà l’uomo al consumo di cibi sempre più salati.
Nel Neolitico si affermarono principalmente le coltivazioni di cereali, con un conseguente aumento del consumo di questi a discapito della carne. Questo si ripercosse inevitabilmente sulla salute dell’uomo poiché una dieta basata solo sui cereali ha molti svantaggi: è carente in aminoacidi essenziali, alcuni minerali e alcune vitamine. Nascono così le prime patologie da “carenza nutrizionale”.
Arriviamo all’età delle civiltà storiche:
Gli antichi Egizi basavano la loro alimentazione principalmente sulla coltivazione dei cereali (farro, frumento, orzo), sulla pesca e sull’allevamento di bestiame.
Greci e Romani seguivano invece un’alimentazione di origine vegetale (farro, frumento, orzo, pane), con proteine derivanti esclusivamente dall’attività di pesca. E’ in questo periodo che nasce il concetto di DIETA MEDITERRANEA, ovvero una dieta basata su cereali integrali e vegetali a foglia verde, con consumo raro di pesce, carne e altri derivati animali. Da attribuire alla civiltà romana è anche la nascita della “cultura culinaria”, contrapposta alla frugalità dei greci (ovvero alla moderazione nel cibo): diventa importante il modo e l’aspetto estetico di ciò che si mangia, dunque nascono le prime figure di cuochi professionisti e le prime ricette, usate soprattutto nei banchetti a cui partecipavano i nobili.
Le abitudini alimentari negli ultimi due secoli sono cambiate molto, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo: cambia infatti l’introito calorico e il rapporto grassi/proteine/carboidrati:
1700-1800: alimentazione basata riso, mais e patate, ovvero su cereali raffinati e carboidrati ad alto indice glicemico. Il rapporto carboidrati/proteine/grassi è fortemente sbilanciato verso i carboidrati (75:11:14).
1800-1900: stesse proporzioni tra carboidrati/proteine/grassi , ma aumentano le quantità (poiché aumenta la disponibilità di cereali e farine) quindi c’è un progressivo aumento dell’introito calorico giornaliero.
1900-Oggi: l’introito calorico giornaliero complessivamente diminuisce (poiché si passa ad uno stile di vita sedentario e si ha meno bisogno di mangiare), tuttavia con l’affermarsi dell’era industriale la qualità del cibo subisce un cambiamento in NEGATIVO, caratterizzato da un’elevata presenza di grassi nocivi e farine raffinate e prive di nutrimento. Il rapporto carb/prot/grassi si sposta verso i grassi (44:14:42).
Se confrontiamo quindi l’alimentazione nel paleolitico e al giorno d’oggi vediamo che nel paleolitico si consumavano più proteine e meno grassi saturi (attività di caccia VS allevamenti intensivi); l’apporto di vitamine e oligoelementi derivanti dalla dieta era maggiore (cereali integrali VS cereali raffinati); si assumevano meno zuccheri semplici e sale e, infine, si assumevano molte più fibre.
Perché siamo continuamente minacciati dall’obesità?
L’avvento della domesticazione (sia animale che vegetale) è da ritenere uno dei più importanti progressi dell’uomo negli ultimi 13.000 anni, poiché ha incrementato la disponibilità delle risorse alimentari consentendo così l’aumento demografico e i processi di civilizzazione. Tuttavia, l’aumento demografico ha implicato a sua volta un maggior fabbisogno di risorse alimentari, determinando quindi la necessità di produrre carne e cereali in modo “intensivo”: nascono così gli allevamenti intensivi e le industrie alimentari, il cui scopo è quello di produrre “tanto cibo e a basso costo” a discapito della qualità.
Nel tempo si sono create quindi abitudini scorrette a causa della qualità degli alimenti in commercio, facendo sì che nel carrello della spesa finissero cereali sempre più raffinati (privi di fibre, minerali e vitamine), carni sempre più ricche di grassi saturi e cibi prodotti a livello industriale, ovvero a partire da materie prime di bassa qualità e ricche di conservanti/coloranti (e altre sostanze nocive per l’organismo).
A questo si aggiungono le innovazioni dell’arte culinaria, oggi in continua evoluzione, con le quali si va alla ricerca di cibi sempre più invitanti e appetibili seppur poco nutrienti, ricorrendo spesso all’utilizzo di prodotti forniti dall’industria chimica (es. sciroppo di glucosio, fecola di patate, zucchero invertito, grassi idrogenati e non, margarine, agenti lievitanti, lieviti chimici ecc…).
Aggiungiamo anche le mode cittadine degli happy hour, degli aperitivi e dei giropizza… tanto cibo a basso costo! Il tutto contornato da una buona dose di alcol per dare il colpo di grazia!
Che dire… nel giro di “pochi” anni (in termini di evoluzione) siamo stati proiettati in un mondo completamente opposto, dove la disponibilità di cibo è aumentata e non sappiamo più di che natura è il cibo che mangiamo: del chicco rimane solo lo zucchero perché più buono; della carne apprezziamo più il grasso che il sapore del magro (l’hamburger e i salumi si, la fettina magra no); la verdura è buona solo soffritta (dunque condita con grassi resi tossici); il pesce se non è fritto puzza; il formaggio non è più un’alternativa alla carne ma un fine pasto; il menù bambini, che dovrebbe essere il più nutriente, prevede pasta al pomodoro, cotoletta e patatine fritte.
Tuttavia il nostro genoma è lo stesso di 10.000 anni fa, quando dovevamo correre 40.000 km al giorno per accaparrarci cibo e quando le farine non erano ancora bianche.
Se poi ci aggiungiamo il fatto che nel corso di questi anni vi sono stati periodi di carestia che ci hanno selezionati in base alla capacità di accumulare grasso di riserva, possiamo dire che la destinazione è una sola: OBESITA’.
Conseguenze e patologie correlate
Oltre ad un aumento di peso, la cattiva alimentazione a cui siamo oggi “abituati” implica importanti (o gravi!) conseguenze sulla salute: alcune sono immediate (brufoli, dissenteria, stitichezza, gonfiore ecc…), altre rimangono silenziose e si manifestano con il passare degli anni (stanchezza, mal di testa, cellulite, colon irritabile, polipi intestinali, steatosi epatica, ipertensione, ipercolesterolemia, diabete T2), coinvolgendo anche organi che non “sembrano” coinvolti (cisti ovariche, polipi uterini, perdita di capelli, dermatiti, edemi), per sfociare poi in quella categoria di PATOLOGIE INFIAMMATORIE che oggi temiamo tutti… artrosi, osteoporosi, fibromialgia, morbo di Parkinson/ Alzheimer e tumori di varia natura.
Conclusione
Sorge spontanea una domanda… perché non si fa nulla per impedire tutto questo?
Gli interessi economici in gioco non facilitano uno scambio di informazioni onesto, né ricerche scientifiche coerenti, al punto che la maggior parte delle notizie riportate dalla stampa sono spesso controverse e confuse. Questo influenza enormemente le nostre scelte alimentarie, le quali finiscono dunque per essere dettate non da oggettività e razionalità ma da soldi e guadagni economici.
L’arma per combattere questo enorme vortice sta interamente nelle nostre mani: non possiamo sperare che le leggi del mercato cambino, dobbiamo agire noi per primi e INFORMARCI (prestando molta attenzione alla fonte di informazione), in modo da saper orientare le nostre scelte in maniera consapevole e non cadere in trappole promozionali, il cui scopo è solo un guadagno economico.
Il singolo non può cambiare il mondo, ma può cambiare se stesso!
Prendi 2.000 persone obese o anche solo in sovrappeso, età pari o superiore a 50 anni, e chiedi loro se negli anni successivi hanno intenzione di perdere peso, metterne o mantenersi stabili, organizzando un follow-up a 4 anni.Prevedi la compilazione di test clinici finalizzati a rilevare lo stato dell’umore, così da capire se il dimagrimento ha per caso avuto effetti significativi sugli stati emotivi, poi tiri le somme.
Lo hanno fatto in Gran Bretagna, presso la University College of London, pubblicando i risultati sulla rivista PLOS ONE. Ne vengo a conoscenza tramite un articoletto apparso recentemente nel web che attira la mia attenzione per il titolo a tratti sensazionalistico e nel quale si racconta che la perdita di peso sembrerebbe produrre l’effetto di una cambiale da saldare a suon di malumori.
Penso ai pazienti del Servizio di Psicologia di dNa Milano. Non me ne viene in mente mezzo che, a fronte di una perdita di peso, si strappi i capelli dalla disperazione! Vado dunque a cercare l’articolo originale. I curiosi in grado di masticare un po’ di inglese possono trovarlo qui.
Ebbene, come tutte le ricerche longitudinali, anche in questa il campione in esame non ha mancato di avere qualche difettuccio: chi aveva dichiarato di voler fare la dieta e poi s’è perso per strada non riuscendo a perdere un grammo, chi viceversa, chi s’è dimenticato negli anni di far parte di un panel di ricerca, eccetera. Non solo: ad aver perso peso sembrerebbe essere stato solo il 14% del campione totale, dunque 280 persone. Di queste, il 78% risulterebbe aver patito un peggioramento dell’umore (= 218): non proprio una tribù numerosa.
E ancora: quella connessione fra peggioramento dell’umore e perdita di peso. Gli autori stessi mi sembrano più possibilisti che definitivi, non mancando di chiedersi cosa nasca prima, se l’uovo (il peggioramento dell’umore) o la gallina (la perdita di peso), e mostrando una sanissima onestà intellettuale nell’ipotizzare la possibilità che sull’umore abbiano agìto eventi di vita stressogeni che nulla hanno avuto a che vedere con il regime alimentare seguito dalle persone.
Ma non finisce qui. Nell’articolo trovo un’insinuazione interessante (che tale rimane): sarà mica che il peggioramento dell’umore – osano i ricercatori – cominci a comparire solo dopo la fase iniziale di perdita di peso, in cui notoriamente si è sostenuti e incoraggiati e si comincia a perdere qualche chiletto? Quando cioè si è ormai in corsa e il sostegno comincia a vacillare?
Mi viene in mente che quando si parla di “dieta” – non solo negli articoli più o meno seri che possono trovarsi in giro ma anche e soprattutto negli studi di psicologia -, il “non ce la faccio se nessuno m’aiuta” è più diffuso di quanto si creda, e svela quanto ci sia di “relazionale” nel proprio rapporto col cibo. E per “relazionale” non intendo che, di fatto, fra sé e il cibo c’è una relazione. No: per “relazionale” intendo che il nostro rapporto col cibo c’entra, e parecchio, col rapporto che abbiamo con noi stessi, con gli altri, con l’esistenza che viviamo, nonché con tutti quei significati che a tutto questo attribuiamo e che hanno, appunto e di nuovo, natura relazionale. Mica bazzecole.
Per questo affermazioni come “perdere peso rende tristi” fanno saltare sulla sedia e sanno di poco.
Perdo un sacco di capelli. Eppure sono sempre molto attenta alla mia forma fisica, sono continuamente a dieta… ovviamente seguo diete fai da te. Dice che potrebbe essere questa la causa?
E’ importante mantenersi in forma, ma dando al nostro organismo un giusto apporto di nutrienti, ciò si ottiene bilanciando correttamente gli alimenti cercando di non eliminare niente.Il benessere del nostro corpo dipende grandemente da quello che mangiamo, per cui fai attenzione potresti essere carente in qualche micronutriente e la caduta dei capelli potrebbe essere un campanello d’allarme che il tuo corpo ti sta dando!
Riuscire a mantenere nel tempo un’alimentazione equilibrata è solo per poche persone un gioco da ragazzi. Passare dalla libertà con cui molte volte si approccia il cibo all’impegno di seguire indicazioni nutrizionali precise e ben calibrate rappresenta un comportamento che richiede spesso cambiamenti considerevoli.
Alcuni dei pazienti del Centro dNa Milano lo hanno addirittura definito “uno shock”, anche se “certo che voglio perdere peso! Non sarei qui sennò!”. Ma il timore di veder svanire di colpo i risultati ottenuti con settimane di dieta a causa di uno “sgarro” e a causa della difficoltà di ritornare in fretta sulla retta via è diffusissimo.
E’ normale che accada tutto questo. Nutrire un desiderio autentico verso la perdita di peso è altra cosa rispetto al fatto di perderlo sul serio, il peso. E sia chiaro: fare fatica non è sinonimo di “disturbo alimentare”. Piuttosto, tante volte è tutta – semplicemente – una questione di motivazione.
Per motivazione intendiamo quell’insieme di processi – possiamo anche dire quell’insieme di bisogni, desideri e ragioni – su cui si fondano comportamenti finalizzati a uno scopo. Spesso diamo troppo per scontato che le motivazioni che ci muovono siano le stesse che crediamo lo facciano.
Quando desideriamo raggiungere un obiettivo, ad esempio la perdita di peso, è possibile cioè che spesso corriamo il rischio di fallire perché la motivazione che ci sostiene in realtà è diversa da quella che crediamo. Oppure viceversa: falliamo perché lo scopo di perdere peso è in realtà solo la maschera con cui camuffiamo altri obiettivi che fatichiamo ad ammettere di perseguire. Tante volte, in soldoni, non mettiamo bene a fuoco quel che ci spinge sul serio a cominciare una dieta. Farlo può far la differenza.
Per questa ragione, il Servizio di Psicologia propone i Colloqui Motivazionali. Si tratta di colloqui brevi con un professionista dello Staff, finalizzati non tanto a confezionare risposte quanto a formulare domande che aiutino il paziente a mettere a fuoco la motivazione più autentica sottesa alla sua decisione di rivolgersi al Centro.
È tuttavia necessario precisare che i colloqui motivazionali non sostituiscono né sono assimilabili a un percorso di sostegno psicologico o di counseling, men che meno a una psicoterapia, avendo essi uno scopo circoscritto ed esaurendosi spesso nel singolo incontro.
Per fissare un incontro chiama il Centro allo 0227078532 oppure scrivi a info@dna-milano.it
Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web per offrirti l'esperienza più pertinente ricordando le tue preferenze e ripetendo le visite. Cliccando su "Accetta tutto", acconsenti all'uso di TUTTI i cookie. Tuttavia, puoi visitare "Impostazioni cookie" per fornire un consenso controllato.
Questo sito Web utilizza i cookie per migliorare la tua esperienza durante la navigazione nel sito Web. Di questi, i cookie classificati come necessari vengono memorizzati nel browser in quanto sono essenziali per il funzionamento delle funzionalità di base del sito web. Utilizziamo anche cookie di terze parti che ci aiutano ad analizzare e capire come utilizzi questo sito web. Questi cookie verranno memorizzati nel tuo browser solo con il tuo consenso. Hai anche la possibilità di disattivare questi cookie. Tuttavia, la disattivazione di alcuni di questi cookie potrebbe influire sulla tua esperienza di navigazione.
I cookie necessari sono assolutamente essenziali per il corretto funzionamento del sito web. Questi cookie garantiscono le funzionalità di base e le caratteristiche di sicurezza del sito web, in modo anonimo.
Cookie
Durata
Descrizione
cookielawinfo-checkbox-analytics
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Analytics".
cookielawinfo-checkbox-functional
11 months
The cookie is set by GDPR cookie consent to record the user consent for the cookies in the category "Functional".
cookielawinfo-checkbox-necessary
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookies is used to store the user consent for the cookies in the category "Necessary".
cookielawinfo-checkbox-others
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Other.
cookielawinfo-checkbox-performance
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Performance".
viewed_cookie_policy
11 months
The cookie is set by the GDPR Cookie Consent plugin and is used to store whether or not user has consented to the use of cookies. It does not store any personal data.
I cookie analitici vengono utilizzati per capire come i visitatori interagiscono con il sito web. Questi cookie forniscono informazioni sulle metriche del numero di visitatori, frequenza di rimbalzo, fonte di traffico, ecc.
I cookie per le prestazioni vengono utilizzati per comprendere e analizzare gli indici chiave delle prestazioni del sito Web che aiutano a fornire una migliore esperienza utente per i visitatori.
I cookie analitici vengono utilizzati per capire come i visitatori interagiscono con il sito web. Questi cookie aiutano a fornire informazioni sulle metriche del numero di visitatori, frequenza di rimbalzo, fonte di traffico, ecc.
I cookie pubblicitari vengono utilizzati per fornire ai visitatori annunci e campagne di marketing pertinenti. Questi cookie tracciano i visitatori attraverso i siti Web e raccolgono informazioni per fornire annunci personalizzati.