Facciamo un salto nel passato: in milioni di anni, attraverso il palato, i nostri antenati avevano imparato a riconoscere i cibi dolci e salati come buoni e desiderabili proprio per accaparrarsi il meglio e preservarsi nei momenti di digiuno che potevano arrivare. A giorni di caccia fortunata seguivano giorni in cui non solo non c’era cibo, ma le forze venivano utilizzate per correre dietro le future prede, così il digiuno diventava anche dispendioso.
Ma oggi le carestie di cibo non esistono più; “in compenso” esistono le industrie alimentari che conoscono perfettamente i nostri gusti “ ancestrali” e ci propinano apparenti delizie alle quali non sappiamo resistere.
Cibi malsani che sempre più spesso creano dipendenza o per modalità di consumo o per le caratteristiche intrinseche degli ingredienti.
Il cibo è diventato un consumo sociale, il frigo deve essere sempre pieno e non si può fare a meno di riempirlo di tutte quelle ”specialità” inventate di cui “non possiamo” fare a meno.
Abbiamo pochi stimoli esterni salutistici, mentre siamo “confortati” anche dalle conseguenze di una cattiva alimentazione (provate a pensare alle pubblicità dei tanti farmaci anti acidità: ci propongono pillole per poter “digerire” tutto ciò che vogliamo per 24 ore!).
Insomma siamo in pochi a preoccuparci delle cause piuttosto che dell’effetto di una cattiva alimentazione. Siamo fondamentalmente pigri e non vogliamo impegnarci nel ragionare su questi argomenti.
Dunque adesso sappiamo perché è così difficile “scansare” le cattive abitudini alimentari.
L’animo umano è davvero buffo: pensiamo come reagisce chi fuma, alle scritte “Il fumo uccide”!
Dunque la soluzione risiede in questi quattro concetti:
METODO
IMPEGNO
MOTIVAZIONE
COINVOLGIMENTO