Etica ed ecosostenibilità del cibo che mangiamo sono argomenti molto dibattuti da diversi anni a questa parte. La necessità di moderare l’impatto ambientale del nostro stile di vita ha portato alla nascita di vere e proprie “religioni” alimentari come il veganesimo e il vegetarianesimo. Non mancano però filosofie di vita ancora più drastiche, come predicano i fruttariani o i crudisti.
Ma qual è il vero motivo che spinge le persone ad adottare queste filosofie alimentari?
Quando si tratta di cibo, l’etica include diverse tipologie di valori: ambientali, salutari ed economici. I principi che determinano le scelte alimentari di una persona potrebbero non avere la stessa validità per altre persone: pur avendo entrambi ragione, dunque, è possibile che l’etica alimentare di due persone sia contrastante. Questo è il motivo per cui non esiste un’unica linea etica che indichi come tutti dovremmo mangiare, tuttavia una maggior consapevolezza riguardo alla natura dei cibi che consumiamo oggi potrebbe renderci tutti unanimi sulla necessità di orientare l’industria alimentare verso una produzione sempre più “sostenibile” dal pianeta (e dalle specie viventi che lo popolano) e “salutare” per i consumatori.
I “valori etici” più diffusi riguardano:
- le pratiche di agricoltura più sostenibili: dal prodotto di stagione/locale, che non sfrutta i lunghi trasporti o le coltivazioni nelle serre, al prodotto che arriva sulle nostre tavole nel rispetto dei lavoratori agricoli che lo raccolgono;
- le pratiche di allevamento non intensivo e che non comportino sofferenza degli animali destinati alla produzione di carne: qui si distinguono filosofie secondo cui è totalmente sbagliato uccidere un altro essere vivente (del mondo animale) a scopo nutritivo, e filosofie secondo cui fa parte della natura umana procacciarsi cibo animale purchè sia nel rispetto della specie vivente. Il vegetariano/vegano non ammette carne animale, il consumatore attento seleziona animali allevati all’aperto, alimentati con foraggi freschi e il cui ciclo vitale è stato correttamente rispettato;
- l’impatto di allevamenti e coltivazioni sui cambiamenti climatici;
- lo spreco di cibo nei paesi più ricchi, a discapito di intere popolazioni affamate del terzo mondo;
- l’impatto dei cibi industriali sulla salute umana: dallo scarso valore nutritivo dei prodotti confezionati, all’utilizzo di sostanze chimiche per la conservazione, la colorazione e l’esaltazione dei sapori.
Capiamo quindi che le posizioni etiche non sono sempre perfettamente allineate tra loro, tuttavia possiamo dire che siano tutte accomunate dagli stessi valori fondamentali: la salute e la sostenibilità per il proprio corpo, per la comunità e per i sistemi alimentari condivisi.
Per facilitare la divulgazione di questi principi etici, l’associazione no profit Greenpeace ha pubblicato il suo “ECO MENù”, ovvero un decalogo che possa aiutare i molti ad una spesa “più amica del clima e del pianeta”( https://storage.googleapis.com/planet4-italy-stateless/2019/11/a6d03e0b-ecomen%C3%B9_greenpeace.pdf).
Secondo le regole di Greenpeace, ecco cosa è bene sapere:
FRUTTA E VERDURA
scegliere quella DI STAGIONE, di produzione locale e possibilmente proveniente da agricoltura biologica (certificata). Anche se a maggior costo, parliamo di cibi di maggior qualità, che non danneggiano l’ambiente per raggiungere le nostre tavole e ci assicurano un apporto di pesticidi quasi nullo. Conoscere la stagionalità di frutta e verdura e leggere in etichetta la sua provenienza ci aiuterebbe quindi a orientare la nostra scelta secondo un principio più etico!
CARNE
ridurre il consumo di carne e dei suoi derivati ad 1 o 2 porzioni a settimana, favorendo prodotti che provengono da allevamenti ecologici e locali. E’ bene sapere che esistono “gruppi di acquisto solidale” (GAS), ben diffusi e mappati sul web, con cui poter entrare in contatto con produttori locali e acquistare direttamente da loro. Greenpeace raccomanda di non fidarsi sempre della prima impressione: spesso leggere “da allevamento italiano” ci rassicura sulla qualità del prodotto, tuttavia ci si riferisce solo all’origine di esso, senza alcuna specifica riguardante la modalità di allevamento. Nell’allevamento ecologico gli animali hanno a disposizione spazi aperti in cui pascolare e foraggi freschi con cui nutrirsi: i loro derivati (carne, uova e latticini) non porteranno quindi sulle nostre tavole residui di pesticidi e antibiotici, oltre a garantire il pieno rispetto del benessere animale.
UOVA
se di allevamento “biologico all’aperto”, contrassegnate da un codice che comincia col numero zero, garantiscono la modalità di allevamento che maggiormente rispetta l’animale e l’utilizzo di mangimi migliori.
LATTICINI
ridurre il consumo a 600gr a settimana e provenienti da allevamenti ecologici e locali.
PESCE
prediligere il pesce locale, di stagione e pescato in modo artigianale, piuttosto che allevato e/o pescato con metodi distruttivi per l’ambiente. L’aumento dello sforzo di pesca degli ultimi anni sta compromettendo la sopravvivenza di numerose specie acquatiche: non parliamo solo delle principali razze di pesce presenti sul commercio bensì di molte altre specie (tartarughe marine, grandi mammiferi marini ecc…). La causa è da attribuire al mancato rispetto dei cicli riproduttivi delle specie ittiche e a metodi di pesca estremamente invasivi per l’ecosistema marino. Greenpeace invita quindi ad andare oltre le semplici offerte da supermercato e di soffermarsi sull’etichetta nutrizionale anche per il pesce: da essa è possibile risalire non solo alla provenienza ma a anche al metodo di pesca/allevamento.
ATTENZIONE A:
SOTTOCOSTO: in questa categoria rientrano cibi ottenuti sfruttando il lavoro e usando massicce dosi di pesticidi, erbicidi e fertilizzanti. Oggi si preferisce la quantità alla qualità, senza pensare che “il prezzo del cibo a basso costo, sia al supermercato sia nei ristoranti, lo paghiamo con la nostra salute e con quella del pianeta “ sottolinea Greenpeace. La qualità ha un prezzo!
MODE INSOSTENIBILI: Avocado, banane, ananas, olio di palma e quinoa sono esempi di alimenti che vanno di moda ma che spesso si portano dietro storie di sfruttamento e di monocolture estensive devastanti. Meglio scegliere alternative, altrettanto nutrienti e buone, appartenenti al proprio territorio e che non derivino da monocolture che si espandono a discapito delle foreste e dei diritti umani. Distinguere un’alimentazione etica e sostenibile da un’alimentazione di moda è fondamentale!
ABBINAMENTI PROTEINE VEGETALI: se abbinati correttamente, alcuni alimenti di origine vegetale (frutta secca, legumi e cereali integrali) possono costituire una valida alternativa alle fonti proteiche di origine animale. Unica nota negativa il fatto che, a parità di quota proteica da assumere, tali alimenti vegetali determinano un maggior apporto calorico, con rischio di un surplus energetico e quindi di sovrappeso. Ciò non significa che non si possa fare ma che, quando si sceglie di sbilanciare la dieta a favore di alimenti di origine vegetale, sia necessario rivolgersi ad un professionista in grado di bilanciare bene i vari macronutrienti ed evitare effetti “collaterali” quali il sovrappeso e/o carenze nutrizionali.
CONFEZIONI: Greenpeace suggerisce di preferire gli alimenti sfusi a quelli già imballati nella plastica per ridurre il consumo di plastica. Ad oggi lo smaltimento delle plastiche è diventato un problema a livello mondiale, basti pensare che ogni minuto, ogni giorno, l’equivalente di un camion pieno di plastica finisce negli oceani, provocando la morte di tartarughe, pesci, delfini e balene.
EVITARE I CIBI PROCESSATI: anche se molto buoni e appetibili, hanno spesso un’alta densità calorica ed un basso potere nutritivo, dunque non sono né amici della salute né dell’ambiente.
Il decalologo di Greenpeace è sicuramente un buon punto di partenza per un mangiare “etico ed ecosostenibile”. Ecosostenibilità ed etica però non vanno sempre a braccetto, e questo dipende dalle priorità che ogni individuo sceglie di privilegiare. L’importante è diffondere notizie corrette e con un fondamento scientifico, che non si limitino quindi a mode e costumi del momento. Attenzione a terminologie fasulle come “Bio” o “light” o “zero kcal”: sono termini usati principalmente come strategie di vendita di prodotti a caro prezzo ma con eguale o bassa qualità.
Un’alimentazione etica è in primis un’alimentazione consapevole!